Le lamiere. Non si vede altro. Forse un corpo scannato che vi respira dentro. La melma che sosta sul fondo non ha intaccato il vestito, ma sento comunque una crepa nel cranio. So che lo attraversa e dall’interno stilla sangue che rapido giunge al varco, prende ossigeno, si riversa su un boccolo caldo di barbiere.
Se avessi preso i mezzi non
sarebbe accaduto tutto questo. Due passi e sarei salito nel tormento, in quel
cunicolo di lamiere che trasporta ansimanti quanto squallidi avventori. Lì dove
torna in auge la legge primordiale, lì dove ognuno lotta per un metro cubo di
aria, di tempo, dove vengono meno le leggi elementari della prossemica e ci si
schiaccia addosso come pacchi di riviste. Avrei trasferito le mie
preoccupazioni sul restare me stesso, salvaguardando la ventiquattrore e
convincendomi dell’utilità delle leggi che tutelano la proprietà privata.
L’odore di pene fracido avrebbe surclassato ogni velleitario tentativo di toeletta
mattutina e l’avrei immaginato, sì, l’avrei immaginato nel dettaglio
quell’organo genitale intriso di sperma, urine e saliva, mi sarei tuffato nelle
sue ipotetiche peregrinazioni, lo avrei accompagnato nel percorso che dalle
claustrofobiche tramature di un tessuto sdrucito lo ha condotto qui, su questo
autobus, a impregnarmi le otto di mattina.
Sono fuori. Ne sono fuori.
Luciano si chiama il tassista. Lo ha scritto sul gagliardetto della Roma. Mi
moje, mi fijo, prendiamo la tangenziale, ce sta ’na manifestazzione a Piazza
Venezia, sennò famo notte, e bla bla bla. Luciano sfonda il guardrail.
Certo che l’auto consiliare
potrebbe anche fare servizio a domicilio. Gli autisti chiudono gli scurini e
ascoltano la radiocronaca, quando c’è, ogni tanto un guizzo ferino, portano la
mano sul clacson, si arrestano, non lo pigiano, rialzano la mano stretta in un
pugno, lo scuotono vittorioso quattro o cinque volte, urlano “daje”, e
immediatamente si ricompongono. Dietro il separé, un colletto bianco maneggia
una risma di fogli a stampa, una decina di post it, cinque o sei plichi di
fogli manoscritti, tre penne, di cui una stilografica, due involti di carta
velina, una pallina antistress che riattiva la mobilità dei tendini della mano.
L’autista crede che l’uomo stia preparando un discorso ufficiale e opta per la
regola del silenzio assoluto, il colletto bianco riordina con cautela
scontrini, ricevute, assegni, estratti conto, consuntivi, e pensa che i termini
per la richiesta di rimborso scadono l’indomani alle 13. Quell’uomo sono io. O
avrei potuto essere io.
Ma io sono qui, ai piedi del
Grande Raccordo Anulare, e le domande per il rimborso scadranno sempre domani
alle 13. Sono qui e osservo un groviglio farraginoso, una spia bianca con la
dicitura “taxi” e il gagliardetto di Luciano, che fino a qualche istante fa
credeva fermamente che su moje stesse a casa a badà a su fijo e che a piazza
Venezia ci fossero seicentomila sindacalisti incazzati con gli striscioni e i
cappellini rossi.
Invece io credo che il corso
antincendio non serva a niente. E nemmeno le simulazioni. Simulare. Poi quando
scappi dalle fiamme hai solo modo di ricordarti che quella mattina uno spirito
ignoto ti suggeriva di non indossare le Tod’s. Prima si pone l’individuo in
posizione di sicurezza, ma senza toccarlo, per evitare l’aggravarsi di
possibili fratture o la lesione irreversibile di organi interni. Devo porre
Luciano in posizione di sicurezza senza estrarlo dalla fu autovettura. E
accertarmi che nessun elemento esterno ostruisca il cavo orale e che non abbia
la lingua ripiegata indietro e che i suoi polmoni pompino ancora aria e che non
sia in corso un arresto cardiocircolatorio. Tutto ciò senza che Luciano si
muova. E senza che io veda Luciano. Dov’è Luciano?
Io penso al carro attrezzi e alla
sirena dell’ambulanza, penso al soccorso Aci e alle funi di 5 centimetri di
diametro, penso agli ettolitri di carburante che si riversano sull’asfalto, su
questo asfalto, che le erbe lo attraversano e si creano strade, fiumi, manti
sotterranei e non c’è più catrame in questo angolo sperduto. C’è un amalgama di
terra e benzina sul quale poggiano inermi le lamiere. E nelle lamiere c’è il
gagliardetto di Luciano con Luciano accanto. E poi ci sono io che devo
soccorrere l’estraneo Luciano senza muoverlo e anche oggi quello spirito mi
aveva scongiurato di non indossare le Tod’s e anche oggi ho indossato le
stilosissime Tod’s.
Il numero dei soccorsi. O delle
pompe funebri. La bara di mio padre in legno scuro – io non l’avrei mai scelta
così – e le scarpe comprate apposta per non camminare. Che senso hanno le
scarpe di un morto? Mia madre insistette: l’obolo per Caronte, il rosario tra
le mani, nell’aldilà non sai mai cosa trovi. E se l’anima restasse sulla soglia
senza poter entrare in paradiso? C’è gente che pensa come Dante senza aver
letto Dante. La moglie di Luciano a casa con il figlio non sa di dover entrare
in un negozio di calzature maschili.
Sono fermo. Ho il telefono in
mano. Chiamo i soccorsi. Ad un soffio le tre corsie del Grande Raccordo Anulare
proseguono la corsa senza aneliti. Non ci troveranno mai qui, resteremo
impigliati sull’asfalto aspettando che il bitume risucchi questa imperfetta
palude di benzina.
- Signor Sindaco Buonasera...
- Con chi parlo?
- Sono Alessia de Carolis di “Cronaca in diretta”, Canale 8…
- Mi scusi ma ora non posso parlare…
- Signor Sindaco, la prego aspetti! Signor Sindaco!
- Guardi non ho tempo…
- Lei è in diretta nazionale!
Applausi registrati.
- - Signor Sindaco, mi dispiace, ciò che le sto per
comunicare non credo le farà piacere e mi scuso in anticipo… Luciano, il suo
tassista, ha presente? È lì davanti a lei, se guarda all’interno
dell’automobile dovrebbe riuscire a vederlo… Ecco, Luciano è morto. Una nostra
troupe la sta raggiungendo sul luogo dell’incidente per portarla qui in studio
così potrà raccontarci la sua esperienza in esclusiva…
- - Mi scusi ma cosa sta dicendo? Sono sperduto ai
margini del Raccordo, solo, non ho ancora chiamato i soccorsi, ho appena
realizzato di essere ancora vivo.
- - Ci dispiace vivamente. Un applauso per il
Sindaco!
Applausi registrati. Dal pubblico qualcuno
urla “Bravo!”.
- - La nostra auto sta venendo a prenderla. Abbiamo
già avvisato la moglie di Luciano e tra poco anche lei sarà qui con noi in trasmissione!
Un applauso per il Sindaco!
Applausi registrati in studio. Fari di automobile
sul volto del Sindaco. Un tuu tuu tuu nel telefono. Il volto di Luciano che
gronda sangue e il gagliardetto della Roma, lì di fianco.
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