Sandro trovò Romeo schiantato al suolo con la testa
sanguinante. Lo guardò un po’. Era morto. Corse sopra a chiamare Alberto che se
ne stava in pantofole di fronte alla TV.
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Albé, Romeo…
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Che ha fatto Romeo?
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È morto! S’è lanciato dal balcone!
Alberto non gli credeva. Scese in veranda e scoprì Romeo
immobile, con le zampette adagiate da un lato.
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L’hai lanciato tu di sotto?
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E come facevo a lanciare un gatto dal primo
piano?
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Lo hai attirato con qualcosa e lui ti è corso
dietro…
Era scettico, Alberto, eppure Sandro era suo fratello e non
aveva mai polemizzato per quel gatto. Romeo ci aveva provato varie volte a
scappare da quel metro quadro al primo piano, e durante la notte miagolava alle
stelle prima di atterrare di sotto e correre via. Ma Alberto e Renata lo
avevano sempre riacciuffato, e il giorno dopo Romeo faceva di nuovo la spola
sulla ringhiera verde, camminando in bilico tra schiavitù e libertà. Questa
volta, però, era diverso. Sembrava che Romeo non avesse nemmeno provato ad
atterrare con le zampe ritte e che si fosse buttato sul cemento di testa, come
per porre fine ad un inutile istinto di sopravvivenza.
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Dimmi la verità Sandrì, sei stato tu?